domenica 24 ottobre 2010

L'eredità di Aristotele

"La cultura non si mangia"
(Giulio Tremonti)
Vera o fasulla che fosse la citazione recentemente attribuita dai giornali al nostro Ministro dell'Economia, certamente è andata ad agitare il coltello su una piaga tuttora aperta: il rapporto fra le attività spirituali ed i beni materiali. Per fare piena luce su questa irrisolta dicotomia, il Corriere della Sera ha dunque sguinzagliato i suoi segugi a verificare quanto guadagnano i miei colleghi; ed ecco ciò che ha scoperto Armando Torno (14 ottobre 2010, pag.52):
Non è vero che i grandi filosofi imparati a scuola furono soltanto apostoli delle loro idee e vissero come se l'umanità non li riguardasse. Se qualcuno ebbe tali caratteristiche, fu un'eccezione. La maggioranza conobbe i problemi della gente comune, sovente lottò contro quelli economici. Il denaro, per dirla in termini semplici, è stato capriccioso con loro quanto lo è con i comuni mortali. Noi li studiamo sovente in biografie che ne edulcorano le difficoltà, ma alcuni di loro furono ricchi e nobili, come Platone, mentre altri faticarono a tirare la fine del mese, come Comte, che combinò il pasto con la cena facendo il ripetitore scolastico.
Se Aristotele fu strapagato da Alessandro Magno (talune fonti parlano di 800 talenti versati per la Storia degli animali, cifra con la quale avrebbe potuto comperare allora oltre un migliaio di abitazioni), e se Seneca - grazie alle sue frequentazioni, in particolare Nerone - diventò il più ricco pensatore di tutti i tempi, Nietzsche visse gli anni creativi con una pensione da professore e da essa doveva decurtare le spese per pubblicare i libri. 
Diogene di Sinope, il cinico, abitava in una botte e girava per Atene come un mendicante, privandosi di tutto il superfluo e chiedendo anche la carità. Con questo non si deve dedurre che la storia del pensiero sia piena di morti di fame - tranne ovviamente quelli che scelsero una simile fine, come taluni stoici quali Dionigi o Cleante - ma che le idee, vera ricchezza per l'umanità, non sempre hanno ripagato chi le ha avute. Certo, non mancarono attenti amministratori del loro patrimonio, come Schopenhauer (il quale, tra l'altro, non sopportava il prossimo) o Voltaire, che investì le numerose prebende di cui godeva anche nelle navi negriere. 

L'autore dell'articolo, già che c'è, ne approfitta ora per pubblicizzare la sua nuova collana di Enciclopedia Filosofica: i maligni diranno che è una "marchetta", ma in realtà si vuole solo verificare l'assunto dell'articolo stesso ovvero che con la filosofia si può anche fare business...
Dinanzi a una nuova edizione dell'Enciclopedia Filosofica simili notizie corrono tra le voci e ci si accorge che le illustri vite, capaci di produrre sistemi e progetti per il bene del mondo, hanno ancora dettagli da rivelare. Marx, per fare un altro esempio, era sempre irritato e il problema dei soldi lo accompagnò tutta la vita. Era distratto: chiedeva prestiti, frequentava il banco dei pegni, spendeva senza riflettere e infine si infuriava quando giungeva il momento di onorare i debiti. L'eredità paterna gli portò una cospicua somma in oro (seimila franchi dell'epoca), ma egli la "investì" in buona parte per armare i lavoratori del Belgio; la madre, da parte sua, si rifiutò di pagargli i debiti. Per fortuna trovò Engels, la vera risorsa economica della sua esistenza.
Scoop! Il fondatore del comunismo era un mantenuto: deve essere per questo che piace tanto agli intellettuali...
Condusse inoltre una vita malsana: mangiava e fumava molto, era goloso dei cibi ben conditi, apprezzava la birra ad alta gradazione e soffrì - soprattutto durante la stesura de Il Capitale - di foruncoli. La dieta sregolata e l'igiene dell'epoca gli causarono questo genere di escrescenze, che lo innervosì in molteplici occasioni. In una lettera a Engels, scritta nei giorni di composizione della sua massima opera, Marx collega il protuberante fastidio alle lotte economiche: "Qualsiasi cosa succeda, spero che la borghesia si ricorderà per sempre dei miei foruncoli".

Come vedete, a parte le case a Montecarlo ed i conti offshore presso l'isola di St.Lucia, rovistando nella spazzatura di casa dei filosofi si trova un po' di tutto. E non mancano torbide storie di prostituzione:
[...] Per giungere in tempi vicini a noi, diremo che Bertrand, terzo conte di Russell, celebre per i suoi studi matematici ma soprattutto perché negli anni Sessanta gli fu attribuito lo slogan "fate l'amore, non fate la guerra", scrisse un oceano di articoli e di libri su argomenti diversissimi - non escluso l'utilizzo del rossetto - per avidità. L'amico Miles Malleson [...] rivela che i suoi ingenti guadagni li registrava su un libriccino, nel quale elencava scrupolosamente i compensi ricevuti per pubblicazioni e trasmissioni radiofoniche. Nei rari momenti di inattività o di tristezza, lo estraeva e, leggendolo, ne ricavava "sempre grande conforto". Godeva, insomma, come Paperon de' Paperoni.
In conclusione, se alle feste damsiane che ci piace frequentare venisse fuori il discorso su quale eredità abbia lasciato Aristotele ai posteri, ora sapete come comportarvi. Lasciate che qualche laureando fuoricorso si arrampichi sull'importanza del Protreptico e della Gnoseologia, quindi seccatelo con la risposta giusta che solo voi conoscete: 800 talenti.

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