domenica 17 ottobre 2010

Mitopoiesi della Padania

"Dalla culla al carroccio: così nasce un popolo finto"


Solitamente, qualsiasi ragionamento scritto o parlato a proposito della Lega Nord finisce per suscitare (indipendentemente dalle tesi sostenute) una ben conosciuta tipologia di sintomi che vanno dall'emicrania, alla nausea, fino all'itterizia nei casi più gravi. Val dunque la pena segnalare, per contrasto, che la settimana scorsa mi è apparso sull'argomento - in un giorno peraltro inatteso come il Venerdì di Repubblica - un approfondimento interessante e ricco di spunti da sviluppare, dal titolo HOMO PADANUS. Ecco l'incipit del primo articolo (sono tre in tutto):
E alla fine, Eridano espugnò la scuola. La storia di Adro e dell'istituto Gianfranco Miglio, illuminato da settecento Soli delle Alpi, era già scritta nel '98, anno secondo dell'"Indipendenza padana". Quando, per dettare la linea, Umberto Bossi scelse la prefazione a Eridano alle prese con la scuola italica, un fumetto il cui protagonista, un giovane padano col nome antico del Po, era vittima dei suoi professori, tutti meridionali. "Il Colonialismo controlla il nostro passato per controllare il nostro futuro" scriveva il senatur. "E' nella scuola che ci sono le radici della libertà oppure dell'asservimento" [...].
Purtroppo il fumetto in questione è introvabile, ma il passo citato è già sufficiente a sorprenderci: che senso ha il richiamo (niente affatto retorico, si direbbe) all'importanza della scuola, per un movimento/partito che vanta una connotazione culturale decisamente barbarica?

Subito una didascalia ci suggerisce la possibile risposta:
IL METODO GRAMSCIANO - Il tradizionale folclore padano delle adunate di Pontida [...] lentamente sta lasciando spazio nella Lega a una vera e propria cultura "gramsciana" di formazione delle nuove generazioni.
Da qui in poi avevo scritto una bellissima tirata su come Gramsci venga invocato ultimamente un po' da tutti per spiegare qualsiasi cosa; e del resto non è la prima volta che si paragona la propaganda leghista a quella del vecchio PCI. Peccato che nel "metodo gramsciano" l'occupazione dei posti nel sistema culturale fosse effettivamente praticata dagli intellettuali, a partire dalla scuola, mica dagli Orsetti Padani: come dire, se ad insegnare ci metti una capra non significa che stai dando importanza alla cultura. Anzi, significa semmai che la concepisci come un'appendice di Miss Padania. A questo punto però mi si è spento il computer, ed ovviamente non avevo salvato nulla (ma non c'era l'autosave?). Potrei riscrivere il pippone, è vero, ma preferisco che sia il mio amico Antonio a dirci direttamente quello che pensa:


Grazie Antò, mi hai risparmiato un sacco di tempo. Semmai bisognerebbe spiegare la incredibile capacità di "omologazione dal basso" che la Lega ha, ma per questo dobbiamo ricorrere al suo versante mitologico: quello che solitamente viene definito "folklore", o "aggregazione di baggianate", senza mai chiedersi davvero in cosa differisca un mito da una baggianata. Di questo si occupa il secondo articolo di HOMO PADANUS:
Giusto, giustissimo, dice ai lettori della Padania Giovanni Polli. Per parlare di noi hanno scomodato un "parolone greco". Quale? Mitopoiesi. Significa "l'attitudine delle comunità umane a creare i miti". Lui concorda: "L'acqua del Po, il giuramento di Pontida, il simbolo stesso del Sole delle Alpi, vengono prima di ogni esito elettorale". Addirittura? Non c'è contraddizione. Il mito porta voti.
Infatti è questa l'accezione tout court della "cultura" in ambito padano: il mito di se stessi, l'auto-mito che va dallo spadone di Alberto da Giussano al ditone di Umberto Bossi. E con tutto il rispetto, sembra una accezione un po' ristretta.
  [...] Ed è stato così fin dal lontano 20 maggio del 1990, quando per la prima volta sul "sacro prato" venne pronunciato il giuramento dei novecento cavalieri della Compagnia della morte guidati da Alberto da Giussano, che il 29 maggio del 1176 difesero il Carroccio, simbolo della Lega lombarda, contro l'esercito imperiale di Barbarossa. 
1990, notare che si tratta del primo anno dell'Era Postmoderna (il muro di Berlino era caduto pochi mesi prima). Il gesto "mitologico" della rifondazione padana è in questo senso storicamente plausibile, perché - ora che la direzionalità temporale della Storia si è conclusa - ognuno può iniziare a scomporre e ricomporre qualsiasi frammento del passato che vuole, proprio come fanno gli artisti postmoderni nel pastiche.
Un rito che ogni anno si rinnova. Come quello, lanciato nel 1996, dell'ampolla in vetro di Murano che raccoglie le acque del Po. Si parte dalle pendici del Monviso, si finisce a Venezia, Riva degli Schiavoni. Dal Monviso a Venezia, dalle Alpi alla Laguna, dal Piemonte al Veneto passando per Lombardia ed Emilia. "Le radici profonde non gelano" ricordano, citando Tolkien, l'autore del Signore degli Anelli, Adalbero Signore e Alessandro Trocino in Razza Padana (Rizzoli, 2008). 
Non è un caso che nello stesso periodo sia iniziata l'ascesa mondiale del fondamentalismo islamico, culminata con l'11 settembre ma tuttora in espansione. Certo al suo confronto i nostri padani sono dei patetici microbi, da ogni punto di vista, ma i fenomeni si somigliano per la visionaria capacità di proiettare nell'oggi - attraverso miti fondativi, riti e proselitismo - una visione del mondo assolutamente inattuale.
"La leggenda prova a farsi realtà". Le foreste marciano, gli alberi si muovono. Così il senatur passerà nel corso degli anni dalle radici celtiche all'esaltazione di Annibale "nemico di Roma", dall'indipendentismo scozzese di Braveheart ai Longobardi, dal regno lombardo-veneto alla rivoluzione antinapoleonica delle Pasque veronesi. Per approdare infine, è roba d'oggi, alle radici cristiane del Continente, all'anti-Risorgimento (Cavour federalista tradito da Garibaldi) e all'Europa del denaro [...]. E' la potenza del mito che affonda nella Storia. Con la disinvoltura di un cartone animato.
Attenzione, perché qui si annida l'inganno della politica cosiddetta "post-ideologica" che tanto piace agli intellettuali "post-ideologici". Se l'ideologia era "l'Idea che prova a farsi realtà", qui l'idea è sostituita non da qualcosa di più avanzato ma da simboli ed archetipi primitivi. In questo senso lo stesso vale per il Berlusconismo, dove la mitologia coincide con la persona stessa del leader.

Il terzo articolo di HOMO PADANUS si occupa della missione di disfare l'Italia; che poi, trattandosi di un fenomeno indipendentista, non è poi una gran scoperta. Ma qui ci si occupa del piano antropologico, quello che non fa notizia, ma può spiegare ed anticipare quello politico. E perciò è molto più insidioso, anche perché non trova nella democrazia - per definizione stessa della democrazia - alcun possibile argine.
[...] Solitamente si liquida tutto ciò come folclore. Manifestazione di pessimo gusto, fastidiosa, persino oltraggiosa, ma tutto sommato innocua, come il basso livello culturale, la rozzezza e la marginalità dei suoi protagonisti. Ma temo sia un errore letale. Intanto perché non è affatto vero che ignoranza e rozzezza siano in qualche modo "innocenti", né tantomeno innocue: hanno al contrario un terribile potenziale di contagio, nei punti di caduta della storia, e una distruttività pari alla semplicità elementare dei loro linguaggi (gli anni Trenta insegnano). E poi perché, dietro i volti impenetrabili di questi nuovi barbari, si può intravvedere la minacciosa grandezza di un'idea mortale: la voglia di metter le mani sulla stessa base "antropologica" del vivere associato [...]. E' come se i piccoli sindaci padani intuissero una nuova "morte della patria", di un altro strisciante 8 settembre.
Ed ecco a voi la morte della patria:


Bibliografia

Sebastiano Canetta ed Ernesto Milanesi, "Legaland - miti e realtà del Nord Est" (manifestolibri)

Adalbero Signore e Alessandro Trocino in Razza Padana (Rizzoli, 2008)

anonimo, "Io, giovane padano" (in free download dal sito del Movimento Giovani Padani)

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